5 false credenze sullo psicologo
In situazioni di difficoltà o malessere percepito alcune persone sentono la necessità di richiedere un aiuto specialistico. Talvolta, però, alcuni pregiudizi e falsi miti sulla figura dello psicologo e sul percorso di terapia fanno desistere la persona dal fare questo passo e prendersi cura del proprio benessere. Molte di queste false credenze sono nate nel passato e in un diverso contesto socio-culturale, tuttavia risultano ancora in uso. Vediamone alcune, quelle più diffuse, analizzando le motivazioni che ne confutano il contenuto.
1. Dallo psicologo ci vanno i matti
Questa è forse una delle credenze più antiche sulla psicologia. Nel passato con il termine matti ci si riferiva a coloro che presentavano un disturbo di tipo psicotico e che quindi riportavano un quadro sintomatologico caratterizzato da allucinazioni e/o deliri.
In primo luogo, è bene sottolineare che questo termine non è più appropriato, ma soprattutto solo una parte di coloro che si rivolgono ad uno psicologo soffre di disturbi gravi. Lo psicologo è utile a coloro che presentano disturbi complessi, ma lo è anche a chi sta vivendo un momento di difficoltà o un problema specifico o si sente bloccato e senza via d’uscita, a chi sta affrontando cambiamenti difficili o ancora a chi vuole fare un percorso di crescita personale investendo sul proprio benessere.
2. La terapia dura molti anni.
Ogni percorso è a sé perché ogni individuo è diverso, ha le sue specificità, i suoi bisogni, le sue risorse, i suoi obiettivi e quindi i suoi tempi. Non è possibile definire aprioristicamente quanto durerà il percorso, dipende da molte variabili. Per qualcuno potrà essere più lungo, per altri invece, soprattutto se legato a un problema isolato e specifico, potrà durare decisamente meno.
3. Posso risolvere i miei problemi da solo
Spesso questa affermazione è vera: tutti abbiamo numerose risorse che possiamo mettere in campo per risolvere un momento di difficoltà. Talvolta è sufficiente apportare dei piccoli cambiamenti per affrontare il problema. Altre volte, invece, può essere necessario un aiuto esterno e competente. Non è facile, infatti, vederci chiaro e da prospettive diverse quando si è parte del problema stesso. A volte i tentativi di risoluzione autonoma messi in campo ripetutamente si rivelano inefficaci. Rivolgersi ad uno psicologo, invece che “fare da soli”, non significa essere deboli, anzi significa avere una grande e preziosa capacità, quella di chiedere aiuto.
4. È come parlare con un amico
Gli amici sono preziosi, ci aiutano a distrarci, ci regalano momenti di spensieratezza, altre volte ci consolano e offrono uno spazio in cui sentirci meno soli, ci tendono una mano affrontando con noi i problemi. Quindi il loro ruolo è molto importante e insostituibile. Presentano però dei limiti: sono parte della nostra vita, provano un profondo affetto per noi e questo li rende coinvolti nella situazione. Infatti, a volte, possono cercare di darci dei consigli, sostituendosi alla nostra capacità di arrivare da soli alla soluzione o a quella migliore per noi. Inoltre, nel dialogo con loro ci si può sentire filtrati per paura che modifichino l’idea che hanno di noi o per il timore di essere un peso. Invece, la relazione che si instaura con lo psicologo è totalmente diversa da quella amicale: lo psicologo è esterno ma allo stesso tempo empatico, non giudicante e porta nella relazione un’alta qualifica e utili strumenti per il lavoro insieme. Con lo psicologo ci si sperimenta in una relazione completamente nuova.
5. Non posso stare meglio solo parlando
Lo psicologo è un professionista esperto nel funzionamento della mente umana e porta i suoi strumenti al servizio del paziente, che è il principale esperto di sé stesso. La relazione collaborativa e il dialogo che si instaurano con lo psicologo hanno un ruolo fondamentale nel lavoro di cambiamento e crescita personale. Infatti, la parola è lo strumento con cui costruiamo la realtà e con cui ne creiamo una nostra personale visione. Questa personale costruzione della realtà influenza l’immagine che abbiamo di noi, degli altri e di quello che accade nell’ambiente che ci circonda. Quindi, è attraverso la parola che possiamo comprendere i nostri meccanismi e co-costruire una visione della realtà più funzionale al nostro benessere. Non parlare di un problema non può che accentuarlo e contribuire al suo mantenimento.